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ALEX KAVA

LA PERFEZIONE DEL MALE

(A Perfect Evil, 2000)

 

Alla cara memoria

di Robert (Bob) Shoemaker

(1922-1998)

e a quella perfezione del bene

che continua a ispirare

 

NOTA DELL'AUTRICE

 

Anche se La perfezione del male è un'opera di fantasia,

desidero esprimere la mia più profonda partecipazione

al dolore di tutti quei genitori che hanno perso un figlio

a causa di un insensato atto di violenza.

 

PROLOGO

 

Penitenziario di Lincoln, Nebraska

Mercoledì 17 luglio

 

«Mi benedica, Padre, perché ho peccato.» Il tono di Ronald Jef­freys rendeva la frase una sfida più che una confessione.

Padre Stephen Francis guardò le grosse mani del dete­nuto, le unghie rosicchiate a sangue. Quelle mani stringeva­no - no, strangolavano - la falda della camicia blu dell'uni­forme. Padre Francis le immaginò intorno al collo del piccolo Bobby Wilson ed ebbe un brivido.

«È così che si comincia, vero?»

«Sì» disse il prete. La piccola stanza era soffocante. Padre Francis diede un'occhiata ai resti dell'ultima cena di Jeffreys, pizza e una bibita in lattina. L'odore di peperoni e cipolle gli diede la nausea.

«E poi cosa devo dire?»

Fuori della prigione, la folla, esasperata dall'attesa e dal­l'alcol, si faceva sempre più rumorosa. «Friggi, Jeffreys, frig­gi» scandivano in coro. Voci monotone, raggelanti.

Jeffreys pareva non badarci. «Non mi ricordo come fun­ziona» riprese. «Cosa dico adesso?»

Già, che cosa doveva dire? Per un attimo Padre Francis sentì la testa completamente vuota. «I tuoi peccati» balbettò. «Dimmi i tuoi peccati.»

Jeffreys esitò. Visto così, con la barba e la testa rasate, sem­brava più giovane dei suoi ventisei anni. Padre Francis fu at­traversato dal pensiero che quella faccia infantile non sareb­be mai invecchiata. Poi Jeffreys alzò gli occhi e lo guardò. Occhi gelidi, trasparenti, vuoti. Lo sguardo del male, si disse il prete.

«Devi confessarmi i tuoi peccati» ripeté con un filo di voce. «Quelli di cui sei veramente pentito.»

Jeffreys continuò a fissarlo, poi scoppiò a ridere. Padre Francis sobbalzò.

Perché aveva insistito con le guardie per fargli togliere le manette? pensò fissando le grosse mani. Gocce di sudore presero a scorrergli lungo la schiena. Fu tentato di abbando­nare la sua missione, di scappare via, prima che Jeffreys si rendesse conto che un altro delitto non gli sarebbe costato nulla di più. Ma gli venne in mente che la porta era chiusa dall'esterno.

La risata del detenuto cessò di colpo, come era comin­ciata.

«Sei come tutti gli altri, prete» disse con un ringhio. Poi sorrise mettendo in mostra i canini aguzzi. «Anche tu vuoi che confessi cose che non ho mai fatto.» E prese a lacerare l'orlo della camicia in tante piccole strisce.

«Non capisco cosa vuoi dire» sussurrò Padre Francis al­largandosi il colletto. «Credevo che avessi chiesto un prete per­ché volevi confessarti.»

«Sì, è così» disse l'altro con la sua voce bassa e imperso­nale. «Ho ucciso io Bobby Wilson. Gli ho messo le mani in­torno al collo e ho stretto. Prima ha fatto uno strano gorgoglio, poi più niente.» La voce adesso era calma e distaccata, come se stesse ordinando qualcosa al bar.

«Ha soltanto scalciato un po'. Credo che sapesse che sta­va per morire. Ma non ha lottato molto, nemmeno mentre lo stavo violentando.» Si interruppe per controllare se ave­va spaventato Padre Francis, e sorrise quando si rese conto di sì.

«Ho aspettato che fosse morto prima di cominciare a ta­gliarlo. Non sentiva più niente, così l'ho tagliato e l'ho taglia­to ancora. Poi l'ho violentato di nuovo.» Chinò la testa di la­to, come se si accorgesse per la prima volta dei cori fuori del­la prigione. O forse, pensò il prete, quello che sentiva era il battito cupo del suo cuore.

«Ho già confessato tutto una volta, alla polizia» riprese il condannato. «Ma adesso lo confesso a Dio, capisci? Confesso di avere ucciso Bobby Wilson. Ma gli altri due no, quelli non li ho uccisi io. Mi senti, prete? Non ho ucciso il piccolo Harper e nemmeno quel Paltrow.» Fece un ghigno. «Ma questo Dio lo sa già, non è così?»

«Dio conosce tutte le verità» replicò Padre Francis.

«Vogliono giustiziarmi perché credono che io sia un se­rial killer che ammazza i ragazzini» disse Jeffreys a denti stret­ti. «È vero, ho ucciso Bobby Wilson e mi è piaciuto farlo, e for­se merito di morire per questo. Ma Dio sa che non ho ucciso gli altri due. Da qualche parte là fuori, Padre, c'è ancora un mostro in libertà. Ed è molto peggiore di me.»

Nel corridoio si sentirono dei passi. Padre Francis sob­balzò di nuovo facendo cadere la Bibbia sul pavimento. Sta­vano già venendo a prendere il condannato? Così presto?

«Sei pentito dei tuoi peccati?» domandò sottovoce.

Jeffreys non rispose. Ascoltava i passi nel corridoio, sem­pre più vicini.

«Sei pentito dei tuoi peccati?» ripeté Padre Francis. Or­mai respirava a stento. I canti e le grida della folla, sempre più alti, penetravano nella stanza attaverso la finestrella sigillata.

Jeffreys si alzò in piedi e fissò la porta che si apriva cigo­lando. Era spaventato? si chiese il prete.

«Sei pentito dei tuoi peccati?» ripeté per la terza volta, in­capace di dargli l'assoluzione senza una risposta.

Il battente si spalancò del tutto. «È ora» disse una guar­dia.

«È il momento dello spettacolo, Padre» disse Jeffreys. Poi si voltò verso le guardie e allungò i polsi.

Allo scatto delle manette Padre Francis ebbe un picco­lo sussulto, poi seguì con il fiato sospeso il rumore dei pas­si che si allontanavano lungo il corridoio. Dalla porta aper­ta entrò una folata di aria fresca che gli asciugò il sudore dal­la fronte. Si calmò, ma gli rimase un dolore sordo al centro del petto.

«Dio aiuti Ronald Jeffreys» sussurrò tra sé. Se non altro, all'ultimo aveva detto la verità. E lui lo sapeva che era la verità, perché tre giorni prima il mostro senza volto che aveva ucciso Aaron Harper e Eric Paltrow glielo aveva detto attra­verso la grata del confessionale, a St. Margaret.

Ma il segreto del confessionale impediva a Padre Francis di riferirlo ad anima viva. Ronald Jeffreys compreso.

 

1

 

Cinque miglia da Platte City, Nebraska

Venerdì 24 ottobre

 

Nick Morrelli guardò la donna e pensò che il suo ombretto az­zurro era troppo pesante. La ragazza gemeva e si strofinava contro di lui, più che pronta. Ma tutto quello che lui riusciva a pensare era che quel trucco esagerato lo disturbava.

«Oh, tesoro, sei così forte...» sussurrò lei accarezzandogli le braccia e la schiena.

Lui scivolò via. Che diavolo gli stava succedendo? Forse doveva soltanto concentrarsi di più... Le mordicchiò l'orec­chio, poi scese a cercare i seni. Lei fece un sospiro.

Gemiti e sospiri di solito lo eccitavano subito. Ma quella sera, niente. Stava perdendo il suo tocco magico? Era troppo giovane per avere simili problemi... aveva solo trentasei anni!

E da quando aveva cominciato a badare all'età?

«Oh, amore, non fermarti!» implorò la ragazza.

Nick non si era reso conto di essersi fermato, e lei stava diventando impaziente. Cominciò a muovere le anche su e giù. Sì, era decisamente pronta... e lui decisamente non lo era. Come avrebbe voluto che le donne lo chiamassero per nome invece di dolcezza, tesoro, amore. Anche loro si preoccupa­vano di gridare il nome sbagliato?

Le mani della ragazza afferrarono i capelli di Nick, ri­portandogli la bocca verso i seni. Ma tutto quello che lui no­tò fu che i segni dell'abbronzatura non erano uniformi.

Che diavolo gli prendeva? Aveva una bionda nel letto, più che disposta a fare l'amore con lui. Perché non reagiva? Forse perché gli sembrava tutto così meccanico, così privo di significato? Aveva una reputazione da difendere, che diami­ne. Gli sarebbe toccato supplire in qualche modo, con le dita e con la lingua...

Scese lungo il corpo di lei, mordicchiando e baciando, poi raggiunse le mutandine di seta e prese l'orlo tra i denti. Un suono lo fermò di nuovo. Tese l'orecchio, ma lei afferrò la sua testa e la spinse verso il punto che le interessava. «Vai avanti, ti prego» gemette.

Il suono si ripeté. Qualcuno bussava alla porta.

«Torno subito» disse Nick sciogliendosi gentilmente dal­la stretta. Infilò i jeans e gettò un'occhiata alla sveglia sul ta­volino da notte. Le dieci e trentasei.

Cominciò a scendere le scale in punta di piedi, per abitu­dine, poi ricordò che i suoi non abitavano più lì da cinque an­ni. Il suono alla porta si fece insistente.

«Un attimo... arrivo!» disse infastidito, ma in fondo gra­to per l'interruzione.

Aprì la porta e riconobbe il figlio di Hank Ashford, di cui non ricordava il nome. Aveva sedici anni, faceva parte della squadra di football del liceo ed era più alto e robusto della me­dia. Ma in quel momento, con la faccia bianca come un len­zuolo e le mani in tasca, sembrava un bambino.

«Sceriffo Morrelli, deve venire subito in Old Church Road» balbettò.

«Qualcuno si è fatto male?» domandò Nick.

«No, è molto peggio... è una cosa terribile...» Il giovane guardò verso la sua macchina, e solo allora Nick vide la ra­gazza che piangeva con il viso affondato tra le mani.

«Che diavolo succede?» sbottò aspro.

Il ragazzo fece una serie di gesti convulsi, come se non ri­uscisse a trovare la voce.

Che altra stupidaggine avevano combinato? pensò Nick. La settimana prima un gruppetto di liceali aveva fatto una ga­ra con due trattori rubati a Jake Turner, e uno era finito a mu­so in giù in un torrente. Se l'era cavata con tre costole rotte e l'esclusione da due partite di football, il che secondo Nick era una punizione troppo clemente.

«Si può sapere che accidenti avete fatto questa volta?» gridò.

Il ragazzo lo guardò tremando. «Lo abbiamo trovato nel­l'erba alta... oh, Dio... abbiamo trovato un corpo» riuscì final­mente a dire.

«Un corpo? Vuoi dire un cadavere?» Era ubriaco o dro­gato? si chiese Nick.

Il ragazzo annuì con gli occhi pieni di lacrime, poi si pas­sò la manica del giubbotto sulla faccia.

«Aspetta un momento» disse Nick. Rientrò sbattendosi la porta alle spalle, infilò gli stivali senza calzini e recuperò la camicia, allacciandola in fretta. Probabilmente i due avevano bevuto qualche birra di troppo e si erano immaginati tutto quanto. Ò magari si trattava di uno scherzo di Halloween un po' in anticipo.

«Che succede?» gridò una voce.

Diavolo, pensò Nick, come aveva fatto a dimenticarsi di Angie? Vedendola sulle scale, con i lunghi capelli arruffati e una maglietta che le arrivava a malapena alle cosce, non ri­usciva a capire perché era stato così contento di allontanarsi da lei.

«Devo andare a controllare una cosa» rispose vago.

«Quale cosa?» domandò Angie.

Sembrava più incuriosita che preoccupata. Forse voleva solo un succoso pettegolezzo da servire ai clienti di Wanda con il caffè del mattino.

«Non lo so ancora» rispose Nick.

«Hanno trovato il piccolo Alverez?» insisté lei.

A questo Nick non aveva nemmeno pensato. Alverez era scomparso la domenica precedente, mentre stava facendo il giro di consegna dei giornali.

«No, non credo» disse. Anche l'FBI riteneva che fosse sta­to rapito dal padre, che nessuno era riuscito a rintracciare. Un litigio tra divorziati per la custodia del figlio.

«Può darsi che ci metta un po', ma se vuoi resta pure» concluse.

Prese le chiavi della jeep e uscì. Il ragazzo era seduto sui gradini. Nick gli toccò una spalla e lo fece alzare. «Voi due ve­nite con me» disse.

Old Church Road era piena di buche e di pozzanghere dopo la pioggia della settimana precedente, e Nick aveva il suo daffare a evitarle. «Che ci facevate qui, si può sapere?» chiese. Ma si rese subito conto che la risposa era ovvia. Non c'era bisogno di avere sedici anni per sapere che cosa si fa in una strada deserta e fuori mano.

«Lasciamo perdere» disse. «Ditemi solo se vado nella di­rezione giusta.»

«Sì, è a circa un miglio da qui» rispose il ragazzo, «subi­to dopo il ponte. C'è un sentiero che segue la riva del fiume.»

Non balbettava più, notò Nick. Forse gli stava passando la sbornia? La ragazza, seduta tra loro, non aveva ancora det­to una parola.

Nick passò sul ponte di assi, rallentando un po', poi im­boccò il sentiero fangoso. «Vado avanti fino al folto degli al­beri?» domandò.

Il giovane Ashford annuì. La ragazza nascose il viso nel­la sua spalla.

Nick si fermò senza spegnere i fari e si chinò a prendere una pila nel cassetto del cruscotto. Nessuno dei due giovani pareva intenzionato a scendere dalla jeep. «Non mi hai detto che dovevamo vederlo di nuovo» sussurrò la ragazza al suo compagno.

Nick scese e aspettò accanto all'auto, ma i due non si mos­sero. Senza insistere, puntò la torcia ...

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